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Le parole del tennis — i migliori racconti

Raul

Questo contenuto è stato pubblicato 7 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Era sotto di due set e 0-3 nel terzo con l’avversario al servizio, Raul era ormai certo di perdere quella finale. Caricando il dritto per rispondere al primo quindici del quarto gioco i suoi occhi iniziarono a brillare e il suo viaggio riprese forma.

Ancora molto piccolo Raul lasciò la Mauritania con la sua famiglia e si stabilì nel sud dell’Algeria, suo padre che conosceva il lavoro con gli animali, trovò impiego in una fattoria. La madre aiutava la proprietaria nelle faccende domestiche e badava alla crescita del figlio. Le condizioni di vita non erano facili, nessuna distrazione era consentita alla famiglia dei lavoranti e con il passare del tempo tale situazione influì inevitabilmente sullo stato psico-fisico di ognuno.

I titolari della tenuta, di origine italiana, appartenevano ad una famiglia di illuminati               imprenditori e lo dimostrarono con un gesto sorprendente e cristallino. Offrirono ad August e la sua famiglia un viaggio in Europa; due settimane dopo vennero accompagnati all’aeroporto ed imbarcati su di un volo con destinazione Roma. Era il mese di Maggio e le temperature italiane se pur abbastanza alte, risultavano comunque rigide per chi era abituato a quelle dei tropici. Nella capitale si svolgevano gli internazionali di tennis del Foro Italico e la famiglia disponeva di tre biglietti omaggio della durata di due giorni. Entrando nel complesso sportivo Raul rimase subito colpito da quello strano sport, non aveva mai visto le racchette, i campi da tennis in terra rossa, tanto meno le palline gialle e pelose colpite dagli atleti vestiti di bianco. Mentre passavano qualche ora a curiosare fra un campo e l’altro cresceva in Raul la voglia di prendere in mano la racchetta. Il padre gliene regalò così una e il bambino si rese conto che non era per nulla facile bene la pallina. Quella esperienza rimase nel cuore e nell’anima del piccolo quasi folgorato dalle nuove sensazioni provate così velocemente.

Al ritorno August non poté che assecondare le insistenti richieste del figlio, nell’arco di qualche settimana tracciò le linee di metà campo da tennis sul retro della stalla. Raul, tornato da Roma con la racchetta nuova e un tubo di quattro palline, iniziò a palleggiare con il muro ogniqualvolta era libero dall’aiutare il padre o la madre. Si allenava ogni giorno, migliorando sempre più la sua tecnica anche facendo tutto in solitaria. All’età di tredici anni aveva imparato tutti i colpi fondamentali di quello sport, ed era suo desiderio giocarlo veramente in un campo intero e con un avversario dall’altra parte della rete.

La realtà però era ben diversa, doveva lavorare con la sua famiglia, aiutarla nel sostentamento e inoltre Raul era ancora analfabeta. Non aveva potuto frequentare la scuola poiché la più vicina era a decine di km di distanza. Le cose peggiorarono progressivamente fino a quando i proprietari della tenuta, a malincuore, si trovarono costretti a venderla ad una multinazionale cinese. I nuovi vertici smantellarono la fattoria e vendettero tutti gli animali che davano da vivere ad August. Sarah spaventata dal futuro, decise di tornare presso la sua famiglia di origine dove almeno poteva contare su un tetto di terra cotta. Il marito per orgoglio non volle seguirla e si accodò ad una tribù di nomadi che attraversavano la zona. Entrambi avrebbero voluto portare il figlio con loro, ma lui aveva già deciso in autonomia, rivedere il continente europeo.

Grazie a qualche risparmio datogli dai genitori riuscì ad attraversare parte del deserto che lo separava dal mar Mediterraneo. Viaggiare nel dolore ad una velocità incomprensibile per comprenderlo meglio, cercare di sorreggersi, di ricavare, assolutamente sperare, provare a sognare, dimenticare molto. Ringraziare la vita per alcuni magici lassi di tempo che fanno piangere di gioia tutto il corpo e odiarla per tutto il resto. Aprendo il domani non si può sempre chiudere l’oggi.

Pensava e annaspava Raul sulla sabbia arroventata dal sole allo zenit e ogni passo da fare richiedeva uno sforzo enorme. L’impegno maggiore però era richiesto alla sua mente che doveva mantenere il contatto con la realtà che lo circondava.

Quando giunse sulla costa era l’alba e da est il sole iniziava a colorare la distesa d’acqua che lo separava dal suo anelito di riscatto. Non sapeva dove andare però, non aveva nessun contatto e di getto decise di imbarcarsi su una nave passeggeri diretta a Marsiglia. Prima del tramonto ascoltò una delle poesie che suo padre gli aveva registrato su cassetta, e che gli aveva regalato con il riproduttore e la racchetta quando erano insieme al Foro Italico:

MENTE

Perché non dormo senza dolore?
Perché l’alma brucia,
perché l’occhio rifrange amenità,
perché l’alluvione della vita sgorga ovunque.
Perché i ciottoli d’essenza sono sempre così piccoli?
perché ogni secondo può staccarti da te stesso.
E l’inutile deve servirti a qualcosa,
l’illusione è già poca cosa.
Tutto il vetro può tagliare,
ogni parola può affondare.
Nessun ma, nessun attrezzo da usare.
Ogni desiderio trova spazio nella mente.

Ascoltando queste parole del padre Raul si sentì comunque parte di qualcosa di indistruttibile; all’arrivo a Marsiglia il sole era ormai alto e si incamminò lungo le vie circostanti alla ricerca di un albergo. Per qualche giorno poté vivere dignitosamente, poi si ritrovò a dormire in strada. Privo di qualsiasi sostentamento si aggregò ad un gruppo di extracomunitari che vivevano d’espedienti, e suo malgrado finì a delinquere per poter vivere. Il sottobosco della città pullulava di poveri e poverissimi, uomini randagi alla disperata ricerca giornaliera di qualcosa da mettere sotto i denti. Raul fu arrestato per il furto di un’auto e passò qualche settimana in carcere. Li poteva mangiare e lavarsi ogni giorno, arrivò a chiedere di essere trattenuto anche oltre la sua pena detentiva. Ovviamente venne rilasciato e il suo incubo ricominciò; a quindici anni aveva cessato di sperare nella possibilità di un’istruzione e la sua passione per il tennis era stata sepolta dalla fame e dalle umiliazioni.

Vagando per la città si imbatté in un giovane che distribuiva volantini pubblicitari e gli chiese di cosa si trattasse, il ragazzo gliene lesse uno :<Aperta ai giovani dai sei ai diciotto anni la nostra scuola sarà l’inizio del vostro prezioso futuro>. Raul si avvicinò e chiese di essere accompagnato alla sede dell’istituto dove parlò con il vicepreside Sig. Roman. Il giovane raccontò la sua storia, aprì il suo cuore fidandosi dell’uomo che aveva di fronte e non mentì su nulla; era solo, senza casa, senza denaro, senza lavoro, senza istruzione.

Il ragazzo che l’aveva accompagnato fu incaricato dal vicepreside di mostrargli quella che da quel momento sarebbe diventata la sua stanza, e di comprargli qualche indumento nuovo. Roman d’istinto aveva deciso di aiutare Raul, la sua vicenda, la sua forza, il suo coraggio lo avevano colpito e voleva aiutarlo a crescere e sognare.

Il nuovo iscritto si mostrò uno studente capace e tenace, le sue lacune erano enormi ma non mancava certo d’impegno. Riprese anche in mano la racchetta e finalmente nel campo da tennis della scuola poté giocare veramente con qualcuno, il sorriso tornava ad illuminare il volto del giovane dalla pelle color ebano. Roman lo adottò e Raul divenne a tutti gli effetti un cittadino francese.

Conseguì la licenza media e trovò lavoro come operaio in una bottega per la produzione di articoli da equitazione. Non abbandonò il tennis, continuò a praticarlo con risultati sempre migliori e arrivò a disputare anche tornei regionali. La durissima lotta affrontata per superare le avversità era l’insegnamento più grande che avesse mai ricevuto. Grato delle nuove opportunità che la vita gli aveva offerto, si adoperava nel tempo libero in un’organizzazione di volontariato dedita al soccorso dei giovani di strada. Roman rappresentava la sua nuova famiglia, ma non poteva e non voleva dimenticare Sarah a August che l’avevano messo al mondo e accudito durante la sua infanzia. La nostalgia era in alcuni attimi struggente.

L’incrocio inaspettato con gli sguardi della madre e del padre fece luccicare i suoi occhi, mentre la risposta lungo linea di dritto segnava quel primo quindici del quarto gioco del terzo set a suo favore. Da lì in poi Raul non perse più un game e vinse la finale con il punteggio di 3-6 2-6 6-3 6-0 6-0.

Mirko Belliscioni

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